Translessinia in moto

Attraversiamo il fiume Adige e seguiamo le indicazioni per Fosse e Sant’Anna d’Alfaedo: sarà che la strada è stata asfaltata recentemente, sarà che è una giornata veramente spettacolare con magnifiche viste sulla Val d’Adige ma, una volta arrivati in cima alla salita, la tentazione di scendere e ripercorrerla è davvero forte!

Grazie alla  sagacia dei nostri compagni di viaggio, decidiamo di proseguire verso la strada provinciale n.14  seguendo le indicazioni per il Passo Fittanze ed Erbezzo. 

Dalla bellezza e dal traffico della strada del Brennero, ci si addentra in un territorio bucolico dove il tempo sembra essersi fermato: prati verdissimi, boschi e paesi con abitazioni molto particolari. Tutte o quasi le case hanno il  tetto rivestito da lastroni in pietra chiara, costruzioni veramente ardite e per noi di gran pregio. In realtà scopriamo che qui ci sono delle cave di pietra, si tratta della Pietra della Lessinia, cioè una pietra chiara, ricchissima di fossili che è stata inizialmente usata per la costruzione di murature, coperture e recinzioni in questa parte di Veneto ma successivamente è diventata famosa per il colore e le inclusioni ed ora è utilizzata un po’ ovunque in ambito edilizio o arredo urbano.

La strada sale più o meno tortuosa e finora è asfaltata ma in prossimità del Passo Fittanze della Sega ecco che inizia lo sterrato, fatto di pietre bianche di piccole dimensioni, dunque ben percorribile sia in moto che in auto, anche se la maggior parte degli incontri che facciamo sono con ciclisti o escursionisti a piedi. A Passo Fittanze poi c’è un parcheggio e soprattutto un monumento: d’obbligo una sosta sia per il panorama che per scoprire di cosa si tratta. 

C’è un pennone aguzzo alto poco meno di venti metri con due aquile scolpite, una più in basso dall’aria sconfitta e triste, l’altra svetta più alta fiera per la vittoria: siamo davanti al monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre voluto dagli alpini della provincia. Risaliamo in sella alle nostre moto e proseguiamo lungo la strada provinciale n. 14: siamo al confine tra le province di Verona e di Trento ma un tempo qui passava il confine tra Italia e impero Austro-ungarico, perciò questa è stata una zona di grandi battaglie e di costruzione di sistemi difensivi. Raggiungiamoì il bivio “del Pidocchio” e proseguiamo in vista del “Ridotto del Pidocchio”, cioè un sistema di trincee che il genio militare ha saputo abilmente trasformare sfruttando la naturale conformazione del terreno per arrivare a costruire gallerie, stanze, corridoi, cucine, scale insomma tutto ciò che poteva servire durante i terribili momenti della Prima Guerra mondiale quando qui si sono trovati a combattere i giovani italiani. 

Il percorso segue sterrato fino a che raggiungiamo il rifugio Podesteria: sappiamo di essere a metà del percorso anche se rispetto ad altre uscite off-road non siamo ancora stanchi. Forse è il panorama che ci circonda a non farci sentire la fatica o forse, ma questo è più veritiero, il percorso è molto semplice e percorribile con qualunque moto e da qualunque motociclista. Continuiamo fino al rifugio Primaneve e poi scendiamo al Passo del Branchetto: ormai siamo di nuovo sull’asfalto e il nostro giro continua in tranquillità.

Si perchè non vogliamo lasciare la zona senza un passaggio al Ponte di Veja: da reminescenze scolastiche, sappiamo  che  Dante, quando si trovava a Verona, dovrebbe essere passato per la zona della Lessinia. Infatti si narra che  alcune delle meraviglie naturali di questa provincia, lo abbiano ispirato per  descrivere parti della sua  Divina Commedia. Ebbene, pare che il ponte di Veja, quest’enorme arco naturale di roccia che stiamo per raggiungere, sia stato l’ispirazione per parlare delle Malebolge nell’Inferno dantesco. Nonostante sia ancora nel comune di Sant’Anna d’Alfaedo, il percorso per arrivare al Ponte di Veja ci fa passare anche da Bosco Chiesanuova, che è un’altro comune della Lessinia, forse quello più famoso. 

Al ponte di Veja incontriamo un ampio parcheggio e accanto un castagno vecchissimo, indicato come il “Castagno di Dante”, lo superiamo e ci incamminiamo seguendo le indicazioni per l’arco naturale. Il sentiero è piuttosto scivoloso ma brevissimo, si tratta di poche centinaia di metri.   

Il verde del muschio contrasta con la roccia grigia e l’arco nella sua parte inferiore ha una colorazione rossastra tipica della roccia della Lessinia. Evitiamo qualche goccia che cade dall’alto e dopo essere passati con attenzione sotto all’arco, risaliamo per oltrepassarlo da sopra;  siamo in un bosco di castagni ma quando attraversiamo il ponte di roccia dobbiamo comunque fare attenzione e capiamo come mai Dante sia stato tanto colpito dalla voragine che si apre sotto di noi.

Ormai il pomeriggio è inoltrato, dobbiamo assolutamente tornare verso casa: anche oggi il nostro percorso non è stato lunghissimo ma sicuramente denso di emozioni e nei nostri occhi ancora rivediamo, come in un film, paesaggi, persone e luoghi che sicuramente ci accompagneranno ancora.

Questo articolo è pubblicato su “Turismoitinerante” a pag. 32

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *