Quasi tutti ricordano il marchio “Brionvega” se non altro per le celebri radioline e per le televisioni prodotte a partire dagli anni ‘50, ma forse non tutti ricordano che il nome del marchio deriva dal nome del titolare dell’azienda, il signor Giuseppe Brion nato e cresciuto a San Vito di Altivole, un piccolo paese nel trevigiano, non molto distante da Asolo e da Riese, la patria di Pio X e vicinissimo anche al Monte Grappa, che si intravede nello sfondo.
Il signor Brion, che già prima della seconda guerra mondiale si era trasferito a Milano e aveva iniziato a lavorare nel campo dell’elettromeccanica, con la fine del conflitto fondò una piccola azienda per la produzione di componenti elettronici e successivamente per la produzione di radio e televisioni: la “Brionvega”.
Purtroppo il signor Brion morì improvvisamente nel novembre del 1968 a soli 59 anni: la moglie Onorina Tomasin volle onorarlo facendo realizzare un monumento funebre che lo ricordasse.
Incaricato del progetto fu naturalmente un designer di punta del panorama del periodo: Carlo Scarpa, anch’egli di origini venete ma molto conosciuto in Italia e nel mondo.
L’architetto Scarpa si era già distinto nella realizzazione di opere monumentali e di monumenti funebri in particolare, ma a San Vito era chiamato a rendere omaggio all’industriale realizzando un ambiente dove la trasparenza acqua e il verde dell’erba creino un pensiero mistico con la ruvidità del cemento grezzo del monumento.
La tomba Brion si trova nel cimitero del paese, nel lato rivolto a est e vi si accede tramite una scaletta in cemento grezzo: subito si hanno davanti due grandi fori intrecciati che ricordano le fedi nuziali a simboleggiare l’amore tra Giuseppe e Onorina e sullo sfondo un laghetto e il verde del prato.
Da un lato una sorta di tempio orientale: un grande cubo in cemento, circondato dal laghetto con le ninfee, una cappella con una cupola a piramide, aperta verso il cielo; sicuramente per tutti è un luogo suggestivo che invita al raccoglimento e alla meditazione.
Si vede quindi una sorta di altare rivestito di tessere bianche e nere, su cui sono posati i feretri dei due coniugi Brion, inclinati l’uno verso l’altro e rivestiti di doghe di legno d’ebano: amanti nella vita, hanno voluto essere congiunti anche nell’aldilà.Un’altra tettoia in cemento, sembra appoggiata al muro ma non lo è, raccoglie altri sarcofagi dei familiari più stretti.
Un passaggio nell’acqua ci introduce, tramite un arco, che poi è un cerchio alla cappellina: di nuovo il pavimento di tessere bianche e nere, il soffitto che apre verso il cielo e le pareti con grandi e strette finestre con le scanalature “firma” di Scarpa.